“Dovremmo essere più preoccupati di rimuovere i pensieri sbagliati dalla mente che gli ascessi dal corpo”
Epitteto

Il pensiero determina l’emozione

La terapia cognitivo comportamentale (TCC) si basa sul presupposto che vi è uno stretto rapporto tra pensieri, emozioni e comportamenti e che i problemi psicologici sono influenzati da ciò che pensiamo nel presente.

In altre parole molti dei nostri problemi sono mantenuti in vita da ciò che pensiamo nelle varie situazioni quotidiane. Quindi non è l’evento in sé a causare direttamente ciò che proviamo, ma è piuttosto il modo in cui lo interpretiamo. All’origine dei problemi psicologici vi è, dunque, un modo distorto di pensare, che influenza negativamente l’umore e il comportamento.

Un semplice esempio per chiarire: se mentre sono a casa in una giornata ventosa sento uno strano rumore posso pensare “Ci sarà una finestra aperta ed è caduto qualcosa”. In questo caso rimarrò abbastanza tranquillo ed andrò semplicemente a controllare.

Se invece penso “Oddio sarà sicuramente entrato un ladro!” le mie reazioni emotive e comportamentali potranno essere completamente diverse; probabilmente sarei in preda al panico e scapperei.

Sofocle scrisse: “Per chi ha paura, tutto fruscia”.

Ammalarsi di troppe
(o troppo poche) emozioni

La TCC aiuta i pazienti a identificare i propri pensieri distorti, ad esempio quelli ansiosi, e a valutare quanto siano realistici.

Secondo la terapia cognitiva il disagio nasce quando le persone provano emozioni spiacevoli come ansia, depressione, rabbia, colpa o vergogna. Normalmente queste emozioni fanno parte della vita e della quotidianità, ma in alcuni casi possono essere troppo intense o persistenti.

Ad esempio, commettere un errore sul lavoro è spiacevole e ci può far stare un po’ male. Ma se di fronte ad esso proviamo un dolore intenso che dura per molto tempo, se ci sentiamo una nullità e pensiamo di essere dei falliti, se questi pensieri negativi continuano a risuonare nella nostra mente senza andarsene, allora probabilmente siamo di fronte a un problema psicologico.

La psicoterapia cognitivo comportamentale spiega come a volte le emozioni dolorose possano spingere le persone a comportamenti che nell’immediato sembrano dare sollievo, ma che poi sono autodistruttivi e dannosi (es. abuso di alcol e altre sostanze, dipendenza da una relazione distruttiva, restrizione del cibo, evitamento degli altri e della vita sociale, ripetizione di rituali).


Le caratteristiche della terapia cognitiva

  • E’ scientificamente fondata

Tra tutte le ricerche, particolarmente importanti quelle riportate nelle linee guida dell’APA (American Psychiatric Association). Lo studio più noto è quello pubblicato sulla rivista scientifica Jama condotto dal gruppo di psicoterapeuti Barlow, Gorman, Shear e Woods su 312 pazienti affetti da disturbo di panico.

I risultati hanno dimostrato che la terapia cognitiva è più efficace del farmaco sul lungo periodo.

  • Ha degli scopi precisi condivisi con il paziente

Dopo la prima fase di inquadramento diagnostico, terapeuta e paziente stabiliscono insieme quali sono gli obiettivi della terapia ed il piano terapeutico da adottare. Solitamente si interviene dapprima sui sintomi che al presente comportano maggiore sofferenza poi sugli altri aspetti del disturbo. Periodicamente si verificano i progressi fatti rispetto agli scopi prefissati anche mediante l’uso di test.

  • È Collaborativa

Paziente e terapeuta lavorano insieme per attuare strategie che possano indirizzare la persona alla soluzione dei propri problemi.

La terapia cognitiva è, infatti, sostanzialmente basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta.

Entrambi sono attivamente coinvolti nell’identificazione e nella messa in discussione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei problemi emotivi e comportamentali che presenta il paziente.

  • Ha una giusta durata

La durata della terapia varia in base al problema presentato e agli obiettivi che vuole raggiungere il paziente.

Non verrà quindi proposta né una seduta in più né una in meno rispetto a quelle ritenute necessarie al paziente per raggiungere i suoi scopi.

Non è comunque una terapia che dura anni perché mira a far diventare il paziente gradualmente autonomo e terapeuta di se stesso, non dipendente dal terapeuta. L’acquisizione delle abilità di gestione delle emozioni dolorose permette al soggetto di beneficiare del trattamento anche dopo la conclusione della terapia.

I disturbi che la terapia cognitiva può curare

Numerosi studi hanno dimostrato che la Terapia Cognitivo Comportamentale è efficace nel trattamento di una ampia gamma di problemi psicologici:

  • la depressione, l’ansia, gli attacchi di panico, i disturbi del sonno, il disturbo ossessivo – compulsivo, le fobie
  • i disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, obesità psicogena)
  • le forme di stress post-traumatico (trauma emotivo e fisico/sessuale)
  • i disturbi da dipendenza (alcool, droghe, affettiva, sessuale e da internet)

Come funziona la terapia cognitiva

Le prime sedute (tecnicamente chiamate di assessment) vengono dedicate alla conoscenza dei problemi del cliente e alla costruzione di un rapporto di fiducia reciproca.

In questa fase iniziale è importante comprendere lo stato emotivo della persona, ricostruire le esperienze più significative della sua vita, definire i suoi problemi attuali e i suoi obiettivi.

Successivamente si proporrà un progetto terapeutico, con strategie e obiettivi concreti, utili e raggiungibili, connessi con i problemi esplicitati dalla persona e coerenti con le sue aspettative.

Il paziente capirà meglio se stesso, l’origine del suo disagio e il percorso utile alla sua risoluzione.

Si procederà, poi, all’intervento terapeutico vero e proprio, in un clima di fiducia e di orientamento positivo al cambiamento.

Verso la fine della terapia, quando il cliente si sentirà meglio e sarà pronto, la frequenza delle sedute potrà essere diradata nel tempo fino alla conclusione. Potranno poi seguire delle sedute di richiamo (follow-up) a tre, sei e dodici mesi dalla conclusione della terapia.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

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Clinical Evidence Mental Health: The international source of the best available evidence for mental health care. London: BMJ Publishing Group 2003.

Disturbo da attacchi di panico (Barlow et al., 1989; Klosko et al., 1990),

Fobia sociale (Heimberg et al., 1992),

Depressione (Dobson, 1989; Nietzel, Russel, Hemmings e Gretter, 1987; Robinson, Barman e Neimyer, 1990; DeRubeis et al., 2005) e le ricadute della depressione (Evans et al., 1992; Shea et al., 1992),

Disturbo post-traumatico da stress (Blanchard et al., 2004; Elhers e Clark, 2000),

Disturbi alimentari (Fairburn et al., 1991; Mitchell et al., 1990).

Michielin P. & Bettinardi O. (2004). Prove di efficacia e linee guida per i trattamenti psicologici e le psicoterapie. Link Rivista Scientifica di Psicologia , No. 05 giugno 2004, pp. 6-26.

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