“Incredibile come il dolore dell’anima non venga capito. Eppure è una malattia molto più grave della gamba rotta, le sue ferite sono assai più profonde e pericolose di quelle procurate da una pallottola”.
Oriana Fallaci
I bambini, come e più degli adulti, sono vulnerabili ad esperienze dolorose e sconvolgenti come il terremoto, che come tutti i grandi traumi, arriva come un fulmine a ciel sereno minacciando un bisogno fondamentale: la sicurezza.
E questa è la sua caratteristica più importante: segna uno spartiacque tra un prima e un dopo e fa sentire la persona vulnerabile e impotente.
I bambini possono soffrire molto dopo un simile avvenimento, ma l’aspetto positivo della loro giovane età è la straordinaria capacità di recupero dagli eventi traumatici, migliore e più efficiente rispetto a quella degli adulti, a patto che siano supportati da figure di riferimento in grado di accoglierli e proteggerli.
Il giusto intervento degli adulti è fondamentale anche perché i bambini non hanno una capacità interpretativa autonoma, ma comprendono la realtà filtrandola con gli occhi dei loro educatori.
Ad esempio, se un bimbo vede la propria madre terrorizzata alla vista di un cane, imparerà subito che l’animale è pericoloso e ne avrà paura.
Appare quindi fondamentale che gli adulti vengano aiutati ad aiutare i più piccoli, anche mediante uno spazio psicologico che consenta loro di affrontare le proprie fisiologiche reazioni da stress (a questo proposito, a breve un articolo dedicato a questo!).
Ma come reagiscono i bambini ad un evento come il terremoto?
I bambini soffrono in modo più discontinuo e intermittente rispetto agli adulti, “a tratti” potremmo dire.
Ad esempio, un bambino può esser colto da un’improvvisa crisi di pianto e qualche minuto dopo tornare a giocare in modo tranquillo e “indifferente”. O può succedere che dopo un pomeriggio di divertimento “spensierato”, la notte porti incubi e risvegli improvvisi.
Le reazioni più comuni dei bambini nei primi giorni dopo il terremoto sono:
-
Possibile rabbia e irritazione, che nascondono il dolore;
-
Senso di colpa più accentuato che negli adulti (“Non ho fatto abbastanza”, “Sono responsabile”, “A me non è successo niente di grave, invece…”);
-
Comportamenti che rimandano alla morte (es. attrazione per videogiochi violenti, giochi o disegni in cui mettono in scena i momenti più toccanti dell’evento) o tipici di quando erano più piccoli (es. fare pipì a letto). Da ricordare che i bambini esprimono il disagio più con il comportamento che con le parole, visti anche i limiti nel linguaggio;
-
Difficoltà nel sonno e/o nell’alimentazione (es. problemi nell’addormentarsi, frequenti risvegli, incubi);
-
Tendenza ad essere stanchi e ad isolarsi;
-
Maggiore bisogno di vicinanza agli adulti di riferimento e paura che possa accadere loro qualcosa di brutto.
Cosa fare quindi per aiutare i bambini?
-
Dire loro la verità. I bambini sono istintivi “cacciatori di incongruenze”: hanno cioè la straordinaria capacità di cogliere i veri sentimenti che provano i loro genitori, osservandone la mimica, lo sguardo e il tono di voce. E’ impossibile (e scorretto!) quindi ingannarli o far finta di niente!
-
Ascoltare e rispondere più che parlare: usare poche e semplici parole, invitandoli a fare tutte le domande che sentono il bisogno di porre, ciò anche per aiutarli a distinguere la realtà dalla fantasia.
-
Dire che sia loro sia gli adulti di riferimento ora sono al sicuro.
-
Ricordare che ci sono persone fidate che si stanno occupando di risolvere le conseguenze del terremoto.
-
Spiegare che è normale sia per loro sia per gli adulti avere reazioni emotive in una situazione simile (la sofferenza giunge dalla repressione delle emozioni, non dalla loro espressione!).
-
Aiutare il bambino irritato ad esprimere a parole le cause della rabbia.
-
Stimolare quanto prima un ritorno rassicurante alla routine quotidiana.
-
Non lasciare soli i bambini davanti a trasmissioni che riguardano il terremoto (NO alla tv accesa sul notiziario tutto il giorno!). Ricercare notizie per dare un significato all’evento è un bisogno naturale di tutti, occorre però proteggersi e proteggere da un eccesso di esposizione, limitando ad un breve momento della giornata l’uso dei media (es. un quarto d’ora al giorno). Guardare la TV accanto al bambino, esortandolo a fare domande e a concentrare l’attenzione sui particolari rassicuranti (es. le divise dei pompieri).
E’ fondamentale a questo punto ricordare le risorse di cui noi esseri umani disponiamo per affrontare gli eventi difficili, come ci hanno dimostrato ampiamente le ultime ricerche nelle neuroscienze.
Il nostro cervello, infatti, similmente al corpo, è dotato fin dalla nascita di uno straordinario sistema immunitario psicologico che ci permette di guarire le ferite dell’anima, anche se i tempi di autoguarigione sono soggettivi.
Ognuno ha bisogno del suo tempo per poter cicatrizzare la lesione.
E’ importante quindi rispettare le nostre ferite e aiutare i bambini a (ri-)attivare il loro naturale sistema immunitario psicologico stando loro vicino, ascoltandoli, dando loro spiegazioni chiare e rassicurandoli per quanto possiamo.
Ciò li aiuterà a superare le ferite emotive e forse anche a diventare più forti.
Se le reazioni non migliorassero nel tempo può essere utile rivolgervi a professionisti esperti in materia. A tal fine potete contattare, anche solo per informazioni, l’Associazione per l’EMDR in Italia:
No responses yet