
tratta dal film “La Guerra dei Roses”
Immaginate una coppia. E’ mattina, ci sono ancora i bambini da preparare e si sta facendo tardi.
Lui: “Dove hai messo i miei pantaloni?”.
Lei: “Non lo so. Non sono come tua madre, lo vuoi capire?! Io lavoro come te e non faccio la tua cameriera personale!”
Lui: “Beh, se dovessi avere una cameriera non romperebbe certo così …Sarebbe anche più giovane e formosa!”
Lei: “Sei sempre il solito s …!”.
O ancora. Nel mio studio marito e moglie non si guardano e parlando attraverso me lui dice: “Se tua madre non si impiccerebbe così tanto quando viene da noi!” e lei replica: “Si dice impicciasse, caro, la grammatica non è stata mai il tuo forte!”.
In un rapporto scambi come questi, se frequenti, possono diventare molto pericolosi, perché mostrano che si è insinuata nella comunicazione un’emozione – bomba dell’amore: il disprezzo.
Un sentimento che può essere veramente distruttivo in una coppia e segnalare anche il capolinea raggiunto, a differenza della rabbia. La rabbia infatti indica ancora la presenza di una forma di attaccamento all’altro. Con la rabbia in fondo comunichiamo: “Mi hai ferito facendo o dicendo questa cosa”, “Se fai così io mi sento tradito/a o abbandonato/a. Non farlo più!”.
Il disprezzo, invece, è in realtà l’ultima difesa dalla critica. Ci si mette su un piedistallo e si considera il partner inferiore, si fa del sarcasmo o ci si prende gioco dell’altro come ultima mossa in un duello di incomprensioni probabilmente iniziato tempo prima.
E il disprezzo e il disgusto purtroppo passano anche, e soprattutto, attraverso l’espressione facciale.
Quel lato della bocca appena alzato o il naso che si arriccia bastano a creare un vero e proprio terremoto emotivo nel partner.
In fondo sappiamo che la comunicazione è principalmente un fatto di sguardi, di facce schifate, di toni di voce canzonatori. E la bomba scoppia. Già, perché una canzonatura di troppo, una smorfia disgustata, una presa in giro possono produrre un terremoto nel nostro cervello.
Gli studi di neuroimmagine ci mostrano che il disprezzo in una coppia è in grado di produrre uno “shutdown corticale”: in pratica la nostra corteccia prefrontale, il cervello razionale ed empatico, cortocircuita per alcuni secondi.
Questo significa che siamo dominati dal “piano di sotto” ovvero dalla parte emotiva del cervello, il sistema limbico. Il “piano di sopra”, la corteccia, quella parte che ci permette non solo di ragionare, ma anche di provare compassione per l’altro e regolare azioni e reazioni, si disconnette e non è più accessibile per un almeno alcuni minuti.
Questo significa che il disprezzo innesca in chi lo subisce una vera e propria reazione di attacco e difesa, come se fossimo proprio nel bel mezzo di un duello mortale.
E il corpo naturalmente reagisce: si produce una cascata di ormoni come adrenalina e cortisolo (gli ormoni dello stress appunto) e questo attiva tutti gli organi. Il cuore può accelerare da 70 a 110 battiti al minuto, il respiro si fa più corto, i muscoli sono tesi, la pressione si impenna.
Nel tempo si possono avere problemi di indebolimento del sistema immunitario, con evidenti ricadute sullo stato di salute.
Gli psicologi John e Julie Gottman, due attivi coniugi americani, dal 1972 studiano la comunicazione di coppia all’università di Washington. Dopo decenni di studi di interazioni filmate riescono a predire con un’accuratezza del 91% il futuro di una coppia osservandone per cinque minuti la comunicazione, in particolare le microespressioni facciali. Incredibilmente sono sufficienti loro cinque minuti per capire come andrà a finire.
Per i Gottman il disprezzo è il più acerrimo nemico dell’amore.
Quindi, che fare? E’ impossibile non litigare. Non si litiga mai in due situazioni: indifferenza reciproca o l’altro è su un piano di dominio e non ci si può esprimere.
Per il resto dei comuni mortali, che vivono le piccole e grandi frustrazioni dello stare insieme, si può imparare a litigare bene:
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Esprimere dissenso senza incolpare: “La cucina è in disordine. Mi avevi promesso di pulirla. Sono proprio arrabbiata!” E non: “Sei il solito/la solita egoista!”
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Usare più spesso l’”IO” e non il “TU”: “(Io)Mi sento trascurata quando torni così tardi!”. E non: “Sei un menefreghista!”
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Dire chiaramente ciò di cui abbiamo bisogno (perché l’altro non è dotato di poteri telepatici!): “Ho bisogno che torni prima dal lavoro. Mi piacerebbe passare più tempo con te”.
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