Ti propongo ora un esperimento (Dimaggio e Semerari, 2008):
Pensa alla persona che più ami al mondo. Riesci ad avere in testa un’immagine? Bene.
Ora immagina il momento di rabbia peggiore verso la persona amata. Fermati a pensare adesso.
Credo che, pur avendo avuto due rappresentazioni diverse, non avrai sentito di avere due rapporti differenti con due persone distinte, vero? Probabilmente no.
Una personalità borderline, invece, sentirebbe proprio questo: due rappresentazioni diverse, due persone diverse, come se non riuscisse ad integrare in un’unica idea la persona per cui ha provato amore con quella che l’ha fatta arrabbiare.
Questo ci fa comprendere l’incoerenza delle reazioni tipica di questa personalità, per cui userò di qui in poi il femminile solo per motivi pratici e di maggior diffusione del disturbo di personalità tra la popolazione femminile, problematica presente comunque anche tra gli uomini.
Tutti noi abbiamo come parti diverse della personalità che si attivano in risposta a stimoli ed esperienze esterne. Il problema di una persona borderline è che tende a transitare da una parte della personalità all’altra in modo più veloce, caotico e automatico della norma, creando molto sconcerto nelle persone che le sono vicine. Questo la rende quasi sempre del tutto inconsapevole, quando è attiva una certa parte, di aver detto o pensato qualcosa in stati differenti del sé.
Quando nella borderline infatti è attiva una parte della personalità, in essa sono contenute memorie e sentimenti verso se stessa e verso gli altri che risultano completamente frammentati e scissi rispetto ad altre (o mode). Ogni parte della personalità quindi ha ricordi, emozioni e sentimenti diversi.
Ad esempio, se in un certo momento è attiva la parte della bambina abbandonata, è come una bambina fragile e indifesa, ossessionata dalla paura di perdere la persona amata. In questo mode idealizza il partner e compie sforzi disperati per non perderlo. Il compagno è fantastico ed è l’unico capace di salvarla (Young, 2013).
Ma c’è il rovescio della medaglia. Basta un sopracciglio alzato, un minimo ritardo o un appuntamento rimandato per ribaltare la situazione: ipersensibile al rifiuto e alla critica, la borderline si trasformerà immediatamente e senza volerlo da dolce e affettuosa gattina a tigre infuriata. Diventerà improvvisamente collerica, esigente, svalutante e prepotente fino anche a essere veramente impulsiva e poter compiere gesti aggressivi contro se stessa o contro il partner.
E queste “trasformazioni” continuano ad essere oscillazioni automatiche, non strategie decise a tavolino.
Spesso poi, dopo aver esagerato nello stato di bambina arrabbiata, inizia improvvisamente a criticarsi, a dirsi le peggiori cose: “Sono uno schifo!”, “Sono un mostro!”, “Sono un essere spregevole!”, “Non valgo niente!” “Sono un bluff!”, “Sono inconsistente!”, “Sono orribile!”, “E’ tutta colpa mia!”.
Ciò significa che è transitata in una parte punitiva: si è attivato cioè come un severo giudice interno che condanna tutti i suoi comportamenti “sbagliati”. E anche in questo caso tutto avviene ancora in modo automatico e non intenzionale.
In realtà però la persona borderline è nella maggior parte del tempo in una modalità calma ed equilibrata: appare tranquilla e perfettamente in controllo di sé, anche se, dietro alla superficie, si può notare una nota stonata. Questa è una parte della personalità che si attiva in modo automatico e difensivo per “spegnere” tutte le emozioni dolorose che si sono alternate prima in modo caotico. E’ come se, per difendersi da un cortocircuito, corresse a spegnere l’interruttore generale della corrente.
Il problema sembra risolto, ma in realtà il prezzo da pagare è altissimo perché non prova più nulla, né le emozioni positive né quelle negative.
Per interrompere tutto questo doloroso ciclo vizioso è fondamentale quindi che la persona con disturbo borderline sia aiutata in terapia a divenire consapevole di queste parti per imparare a modularle e integrarle in una personalità più armonica e meno frammentata.
Si può poi comprendere lo stato d’animo del partner di una borderline: un ansia sotterranea e insidiosa, la paura che da un momento all’altro si possa fare qualcosa che riattivi il vulcano sempre pronto ad esplodere. Un pervasivo senso di precarietà.
Ma perché si sceglie di stare e rimanere in una relazione così esplosiva?
Si entra in una simile giostra pericolosa spesso portati dal bisogno di contrastare sentimenti nascosti di tristezza, vuoto e di mancanza di vitalità, di cui è necessario divenire consapevoli.
Spesso i partner delle borderline, infatti, pur provando sentimenti contraddittori, sentono comunque un grande attaccamento verso le proprie imprevedibili compagne.
A volte noto come si crei una sorta di dipendenza reciproca in queste coppie. E le “vittime” vivono un grande conflitto: razionalmente sanno che il rapporto è doloroso, però ne hanno un estremo e inspiegabile bisogno perché serve loro come una sostanza eccitante che gli permette di non fare i conti con i propri temi irrisolti di vita.
E proprio da questa consapevolezza, che quasi sempre avviene all’interno di una psicoterapia, che inizia di solito il cambiamento per le persone coinvolte con un borderline. Cambiamento che può consistere in una ripresa di potere e controllo nella relazione, che diventa più equilibrata. O più raramente nella fine del rapporto stesso.
A volte possono continuare la relazione perché l’euforia che crea permette loro di “spostare un problema”: è più facile dirsi che le proprie difficoltà sono causate da una “matta” o da un “matto”, piuttosto che guardarsi allo specchio e cercare in sé i motivi delle proprie insoddisfazioni.
I partner vivono così un continuo conflitto in cui i sentimenti fanno a cazzotti con la ragione: hanno bisogno di una donna “squilibrata” e non riescono a lasciarla. E per questa esigenza si criticano e si colpevolizzano: perché non riescono né a rimanere né ad andarsene nonostante tutte le evidenti sofferenze.
E in qualche modo continuano così la loro danza in mezzo al fuoco.
Barbara Cicconi, Blog mind.
No responses yet