Il mondo ci spezza tutti quanti, ma solo alcuni diventano più forti laddove sono stati spezzati
Hemingway.


“Lei sembra veramente una con poca esperienza. Ma cosa  crede di fare? Pensa per caso di riuscire a capirmi? Io sono il migliore terapeuta di me stesso e non mi serve certo che lei cerchi di aiutarmi….”

Queste le parole di Pietro, il marito di Lucia, una mia paziente arrivata in terapia allo stremo delle forze dopo anni di un matrimonio triste e solitario. Lo avevo invitato ad ascoltare la moglie e lui aveva improvvisamente cambiato espressione, tuonando contro di me la sua sentenza, prima di lasciare definitivamente il mio studio.

Lucia aveva descritto Pietro come un marito freddo e distante, a volte svalutante. Tranne che nei rari momenti in cui era improvvisamente dolce e protettivo, ricordandole quell’uomo premuroso e quasi “perfetto” degli anni di fidanzamento.

Ero ancora una terapeuta alle prime armi e quelle parole mi raggelarono il sangue. Avevo davanti un uomo infuriato che in quel momento avrei voluto solo attaccare, o da cui avrei voluto fuggire: le reazioni tipiche di fronte ad un narcisista in modalità da attacco.

Da quel momento di gelo sono passati alcuni anni e le parole di Pietro hanno continuato per un po’ a risuonare nella mia testa come una  triste colonna sonora. Ma c’è stato di più.

Dopo Pietro ho cercato di capire. Capire per non sentirmi più così impotente.


Capire con tutte le mie forze perché certe persone, i narcisisti, abbiano
la straordinaria capacità di far stare malissimo le persone con cui entrano in relazione.  Riescono quasi sempre a centrare il bersaglio e a colpire i punti deboli  dell’altro come nessuno può mai fare. Tecnicamente si può dire che riescono  ad  attivare gli schemi della persona che entra nel loro mirino.

bersaglioE da quel momento, dalle feroci parole di Pietro, ho deciso di capire, di andare a fondo nel comprendere loro, i narcisisti, e le Lucie che rimangono impigliate nella loro rete. E molte Lucie ho incontrato in terapia in questi anni. E’ anche a loro che dedico un’ampia sezione del mio blog.

Comprendere i narcisisti (per parlare dei quali, da qui in poi userò per praticità il pronome maschile), le loro partner e la relazione dolorosa in cui entrambi si impigliano.

Una rete da cui è difficile uscire. Difficile ma possibile a patto che si capisca l’altro, se stessi e la relazione.  Ma più se stessi direi. Senza questa consapevolezza è difficile compiere il viaggio dall’inferno al paradiso verso una (relativa) tranquillità interiore. Parlo di viaggio (dentro se stessi) più che di fuga dal mostro.

Molto spesso vedo infatti che il  più diffuso consiglio per risolvere una relazione con un narcisista sia quello di fuggire, applicare un severo “no contact”, tagliando tutti i contatti con lui.

Credo che il  “no contact” sia importante ma per l’obiettivo centrale: ritrovare il contact più importante, quello con se stessi.

Il “no contact” senza un lavoro su di sé e sulle ragioni per cui si è rimasti impigliati nella rete, è utile ma non sufficiente. E’ come curare l’alcolismo portando via tutte le bottiglie di vino nei paraggi. E’ indispensabile, ma il nucleo dolente che  ha portato ad aver bisogno del vino rimarrà lì ed è possibile che si rimarrà impigliati in qualcos’altro prima o poi. O in un altro Pietro.

E qui entra in gioco la terapia. Una terapia che abbia come obiettivo capire e modificare se stessi e i propri schemi e non solo colui che più o meno inconsapevolmente li ha attivati.

E’ importante capire quali sono i bottoni che sono stati premuti, non solo chi lo ha fatto, cioè il narcisista. Anzi ad un certo punto comprendere chi lo ha fatto acquista un valore sempre più marginale, perché il centro deve tornare ad essere chi è incappato nella rete, non chi l’ha buttata.

Quasi nessuno infatti è abile a premere i bottoni giusti di una persona come un narcisista (Behary). Questa dote innata di comprendere le vulnerabilità degli altri è alla base della manipolazione che i narcisisti attuano in un modo che definirei naturale.

boardwalk-801723_960_720Hanno la capacità innata di intuire quali sono gli schemi dell’altro, cioè i temi di vita “caldi” che si formano nell’infanzia. Comprendono più o meno inconsapevolmente i bisogni insoddisfatti in età precoce, cioè ciò che ha generato gli schemi nel presente. In poche parole capiscono ciò di cui l’altro ha estrema necessità e quindi danno e tolgono (quest’ultimo più spesso) proprio quelle cose di cui il partner ha sempre avuto bisogno.

Quando si ha una relazione con un narcisista è quindi importante sfruttare l’occasione che queste persone offrono per comprendere meglio se stessi, per  capire i propri più intimi bisogni insoddisfatti che loro hanno in qualche modo saputo cogliere.

Per questo quando si incontra nella vita un narcisista si può soffrire moltissimo, ma si ha anche una straordinaria occasione: quella di guardarsi dentro e cicatrizzare le proprie ferite.

Solo così il dolore che sono capaci di suscitare acquista un senso nel proprio percorso di vita.

Barbara Cicconi, Blog Mind.

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